Caritas, boom di nuovi poveri la crisi ora colpisce i ceti medi

LA STAMPA 30 marzo 2011

Di  MARIA ELENA SPAGNOLO

CRESCONO le richieste di aiuto, con un boom nei primi mesi del 2011, e aumentano i casi di nuova povertà, tanto che «i volontari spesso si sentono inadeguati a fronteggiare problemi che cambiano velocemente, mentre diminuiscono le risorse pubbliche». È questa la realtà del centro di ascolto diocesano Le Due Tuniche descritta ieri dal direttore della Caritas Pierluigi Dovis, che ha presentato i dati relativi al 2010e ai primi mesi del 2011. Il giudizio è molto preoccupato. «Queste cifre spaventano. La mancanza di lavoro sta creando conseguenze a catena molto complesse». A ciò si aggiunge anche l’emergenza profughi, che Dovis propone di affrontare chiedendo a ciascun comune piemontese, grande o piccolo, di ospitarne uno o due.

La crisi affondai colpi, ora chiedono aiuto anche imprenditori, artigiani, lavoratori: fasce di mezzo, non coperte dal welfare. Nel 2010 sono stati in 546 a rivolgersi al centro di ascolto, che accoglie solo italiani (per gli stranieri c’è la Pastorale Migranti). Un aumento notevole di richieste (+58 per cento) rispetto al 2009, quando erano state 345. Ma gli utenti sono cresciuti ancora nei primi tre mesi del 2011: dal 20 gennaio al 21 marzo sono arrivate già 318 persone. «Un incremento del 77 per cento, un drastico peggioramento. Se continuerà così possiamo aspettarci un afflusso di più di 1600 persone per il 2011, che equivale a un + 190 per cento». Ma chi arriva al centro Le Due Tuniche di via Saint Bon? «Nel 2010 l’81% erano ospiti che si rivolgevano a noi per la prima volta, un numero mai visto.

Tra loro il 40 per cento rientra nella cosiddetta categoria della “povertà grigia”. I senza fissa dimora erano solo 28. Sono aumentati gli uomini, ormai pari alle donne».

Crescono le nuove povertà legate alla crisi. Secondo Dovis nel 2010i disoccupati erano i tre quarti, nei primi mesi del 2011 quattro su cinque. «Sono sempre di più coloro che hanno terminato il periodo di cassa integrazione senza riuscire a rientrare nel circuito».A Torino le circoscrizioni 5, 6 e 7 sembrano le più problematiche.

In crescita anche le presenze da fuori città, aumentate nel 2010 del 172.41%. «A tutti offriamo ascolto, ma non sempre possiamo accogliere richieste economiche a causa del budget (nel 2010 spesi 507 mila euro). Abbiamo aumentato le visite a casa e creato servizi nuovi». Ad esempio l’accompagnamento alla chiusura della partita Iva, l’assistenza a 10 piccole aziende in chiusura, o il progetto Gocce di Speranza, un fondo di rotazione pensato per le nuove fasce di povertà. «Alle uscite di supermercati e fabbriche si sono moltiplicati i volantini pubblicitari di finanziarie che prestano soldi – spiega la coordinatrice Maria Teresa Falchi – perché molti non riescono più a fare fronte a spese improvvise. Si rivolgono ai prestasoldi per pagare un funerale, gli occhiali o il riscaldamento, così abbiamo creato una cassa comune». Tra i casi, quello di un insegnante che rischiava il pignoramento della casa, una giornalista disoccupata o una persona indebitata con l’Inps. «Emergono povertà silenti – spiega Dovis – il welfare non basta.

Manca un piano per mettere le risorse in rete e diminuiscono i fondi pubblici. Chiediamo che i tagli siano sugli sprechi, e che ci sia rete tra tutti. Ciascuno faccia la sua parte, c’è troppa delega al volontariato». Dovis ha parlato anche delle offerte peri poveri, molto diminuite, e dell’accoglienza dei profughi di Lampedusa: «C’è il dovere della solidarietà, ma non si può scaricare tutto sui grandi centri. Si è parlato del Ciriacese, ma non ha senso mettere 500 persone alle porte di una grande città. Si potrebbe invece chiedere a tutti i comuni, anche quelli piccoli, di ospitare uno o due profughi. Solo la Regione può chiederlo, spero lo faccia. E poi le istituzioni alzino la voce con l’Europa».

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